Organizzazione Aziendale: tutti parlano di PMI, ma nessuno parla con le PMI
Per ogni imprenditore effettuare la valutazione dell’adeguatezza della propria organizzazione aziendale è di vitale importanza.
Ma come fare?
Inizio dal sottolineare che tutti parlano di piccole e medie imprese, le PMI, ma nessuno parla con le piccole e medie imprese.
Il 90% delle imprese con le quali ho lavorato e lavoro sono PMI. Io stesso sono un imprenditore con una micro-azienda di servizi.
Come stanno le PMI italiane?
Gli osservatori esistenti, per quanto autorevoli, riguardano quasi sempre aziende di medio-grandi dimensioni.
Il nostro Paese in realtà è caratterizzato da una maggioranza di aziende micro e piccole, che spesso sono terzisti.
Queste imprese, non di rado familiari, sono caratterizzate da modelli organizzativi ben diversi da quelli delle grandi.
I metodi e gli strumenti che affollano i libri e i social sono pensati per le grandi realtà e si occupano di risolvere problemi legati alla distanza tra chi decide e chi fa. Inoltre, le evoluzioni delle teorie e dei metodi organizzativi si orientano sempre di più all’innovazione, mentre nelle nostre PMI i problemi spesso sono legati ad aspetti basici e strutturali. Quindi dobbiamo adattare i metodi e ascoltare le imprese per comprendere i punti forti e quelli deboli.
Quello che più mi colpisce sono appunto il linguaggio e i metodi che vedo applicare nelle PMI: nessuno, o quasi, comunica con le PMI nel modo in cui andrebbe fatto, per cui è difficile riuscire a capire cosa fare, ma soprattutto come fare a farlo.
Le teorie organizzative e le tecniche che ne derivano nascono per le grandi aziende:
- il problema è la complessità organizzativa data dalla dimensione
- la distanza tra chi decide e chi fa è molto ampia
- i metodi servono per standardizzare e ridurre questa complessità scomponendo e procedurando
Nelle PMI, invece:
- la distanza tra chi decide e chi fa è breve, non servono tante tecniche
- la complessità è legata alla limitatezza delle risorse, al tempo e alla incapacità di decidere le priorità
- i metodi servono per fare cultura e innescare sistemi di controllo e gestione efficaci e fluidi
La situazione a livello globale oramai è chiara: il mondo sta spingendo le medio-grandi imprese alla aggregazione, le caratteristiche premianti sono sempre più orientate alla velocità ed alla flessibilità.
Il risultato è che la produzione si sposta sempre di più sulle PMI delle filiere di fornitura. Ma è altrettanto vero che la burocrazia e la concorrenza, spesso sleale, che debbono affrontare le nostre imprese sono quasi impossibili da arginare, a meno di interventi politici dei qual, per ovvie ragioni, non mi occupo.
D’altra parte, nuove opportunità si sono concretamente presentate grazie al cambiamento in atto: nuove priorità nelle strategie di recupero e gestione di risorse naturali e non (energia, competenze, salute e sicurezza pubblica); diverse necessità di posizionamento su mercati internazionali; protezione di assets strategici e revisione di filiere e reti.
Saperle cogliere anticipatamente per cavalcare l’onda di ripresa e profittabilità è strettamente collegato al tipo di modello organizzativo attuato in azienda e alle scelte di investimento fatte.
Queste decisioni riducono significativamente il profilo di rischio d’impresa.
Per le imprese italiane si sono aperti scenari condizionati dagli eventi che hanno colpito il mondo nelle dimensioni di sostenibilità economica, finanziaria, sociale e ambientale.
La consapevolezza delle proprie aree di forza e di fragilità è dunque il primo requisito per avviare una strategia di ripresa.
Avere margini di riconversione, flessibilità, elementi di resilienza e risorse economiche coerenti, oggi, significa avere investito nei propri modelli organizzativi in modo efficace e ottimale e avere le condizioni per generare nuovo valore per il futuro.
Ho analizzato in maniera approfondita lo stato di salute delle PMI italiane nel mio libro “L’assetto organizzativo – Valutare l’adeguata organizzazione delle PMI”
L’Organizzazione Aziendale e il metodo RiskOne®
L’organizzazione aziendale, in particolare nelle micro e medie imprese, è il punto più critico. Il tema della continuità manageriale è il rischio più alto. I saperi, le responsabilità e le prassi sono informali e patrimonio dei singoli piuttosto che aziendale.
Il controllo, sia economico-finanziario sia organizzativo, non è quasi mai strutturato.
Non c’è la cultura del reporting: misurare pochi dati per stabilire obiettivi e monitorarne l’andamento correggendo la rotta quando necessario.
Spesso, in particolare nelle piccole e medie imprese, si naviga a vista e ci si rende conto dei risultati solo quando è troppo tardi per attuare dei correttivi ove necessario.
Alle nostre PMI serve capacità di comunicazione semplice, serve visione di insieme e quindi serve esperienza specifica.
E soprattutto serve un metodo di analisi e lavoro!
Nella mia attività quotidiana di consulenza direzionale rivolta alle PMI, per costruire una fotografia chiara delle principali problematiche aziendali che emergono durante le fasi di consulenza, faccio affidamento al metodo RiskOne®, metodo che ho ideato basandolo su tanti anni di ricerca e centinaia di diagnosi organizzative, svolte soprattutto, per l’appunto, nelle PMI.
RiskOne® è anche uno strumento di diagnosi (nato oltre 10 anni fa) una check list che colleziona un set di domande individuate nel tempo da gruppi di esperti, consulenti, imprenditori, enti di certificazione, università e associazioni.
Uno strumento di diagnosi che in estrema sintesi risponde alla domanda delle domande: come può un imprenditore “scaricare a terra” quello che ha in testa e fare una fotografia dello stato di salute dell’organizzazione della sua azienda?